Video del WWF sulla natura in Basilicata

WWF Basilicata e la natura. Video

CAMPOMAGGIORE; un paese abbandonato (Potenza – Basilicata – Italy)

CAMPOMAGGIORE: le rovine di un paese disabitato.

Autunno in Basilicata-video

Autunno in Basilicata; colori e immagini di una stagione piena di fascino.

Io Aderisco

Al Presidente del Consiglio, Romano Prodi; al Ministro dello Sviluppo Economico, Pier Luigi Bersani; Al Ministro dell’Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare, Alfonso Pecoraro Scanio; al Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo economico, Filippo Bubbico; al Sottosegretario al Ministero delle Finanze, Mario Lettieri; al Sottosegretario alle Riforme Istituzionali ed ai Rapporti con il Parlamento, Gianpaolo D’Andrea; a tutti i Parlamentari lucani; al Prefetto di Matera, Francesca Adelaide Garufi; Al Prefetto di Potenza, Luciano Mauriello; al Presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo; all’Assessore all’Ambiente della Regione
Basilicata, Gianni Rondinone; all’Assessore alla Sanità della Regione Basilicata, Rocco Colangelo; al Presidente del Consiglio Regionale della Basilicata, Maria Antezza; A tutti i Consiglieri della Regione Basilicata; al Sindaco del Comune di Rotondella, Vito Agresti; a tutti i Sindaci della Basilicata; all’Autorità di Bacino, Potenza; all’Apat; al Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola; al Presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero; Al Presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino; a tutte le Segreterie dei Partiti Politici; alle Organizzazioni sindacali; A tutte le Associazioni Territoriali, All’Arpab… EVIDENZIA la presenza sul territorio lucano del Centro Nucleare Enea/Sogin della Trisaia di Rotondella. Esso è considerato il secondo sito italiano per pericolosità dopo quello di Saluggia: per i rifiuti nucleari di terza categoria ivi contenuti (ossia quelli più pericolosi la cui radioattività decade in migliaia di anni), per lo stato di conservazione e per le modalità di gestione sino ad ora adottate; la mancata messa in sicurezza del materiale nucleare presente nel Centro (che costituisce grave pericolo per le popolazioni) da circa tre anni sotto la gestione della Sogin Spa; la presenza di materiale nucleare di proprietà americana: 64 barre di uranio/torio più altri prodotti ad alta attività, residui del riprocessamento di altre barre lavorate (rifiuti di terza categoria) di circa 3 metri cubi di liquidi ad alta attività; la dichiarata pericolosità delle stesse barre di origine militare che possono essere utilizzate per la fabbricazione di armi nucleari; la presenza di un impianto di riprocessamento (Itrec) altamente pericoloso per le popolazioni ed il territorio sia qualora fosse rimesso in funzione, sia perché contaminato; la presenza di numerose fosse interrate (una definita “fossa irreversibile” dalla stessa Sogin – Enea) dove, per alcune, non è noto il contenuto radioattivo, mentre per altre ne è nota l’alta radioattività; la presenza di una condotta contaminata che dal Centro arriva sulla spiaggia del litorale jonico; la presenza dell’invaso della Diga di Monte Cotugno (500 milioni di metri cubi d’acqua) che si trova a monte del centro nucleare. Per essa non sono stati effettuati studi accurati per escludere danni alla struttura nucleare con devastanti conseguenze per le popolazioni in caso di tracimazione o rottura. CONSIDERATO i notevoli ritardi nell’attuazione del crono-programma dei lavori presentato da Sogin alle autorità regionali per la messa in sicurezza del sito della Trisaia; il fallimento del Tavolo della Trasparenza istituito dal Governo ed espletato in Regione per garantire trasparenza sui lavori di messa in sicurezza del centro nucleare. Si sono persi oltre due anni senza assicurare sicurezza e tranquillità alle popolazioni locali; gli incidenti nucleari denunciati (e non) che si sono verificati nel territorio per la presenza del centro nucleare già oggetto di inchieste giudiziarie da parte della Procura di Matera e di Potenza. le altre inchieste giudiziarie che vedono coinvolta la Dirigenza e il centro nucleare della Trisaia per traffico di rifiuti radioattivi (vedi rifiuti tossici nei calanchi di Pisticci e traffici con la Somalia); l ’assoluta mancanza di trasparenza sulle attività condotte per oltre 40 anni del centro nucleare della Trisaia; la mancanza di condizioni di trasparenza sulle attuali attività svolte presso il centro; che lo stesso centro potrebbe diventare deposito “provvisorio-definitivo” per ospitare altri rifiuti radioattivi provenienti dall’Italia e dal riprocessamento del combustibile nucleare italiano inviato in Francia ed in Inghilterra, cosi come prevede la Legge Marzano; che tutti gli impianti nucleari italiani saranno “svuotati” del combustibile nucleare che sarà riprocessato all’estero, ad esclusione del Centro della Trisaia, che nel 2020 (data del rientro dei residui del riprocessamento) rischia di ospitare i rifiuti nucleari divenendo di fatto sito definitivo; la mancanza di un operativo piano di emergenza esterna al Centro che tuteli le popolazioni in caso di incidente nucleare (piano di evacuazione ed interventi sanitari immediati); la mancanza nel piano di emergenza dighe dell’eventualità di evacuazione della popolazione che interessi l’area in cui è ubicato il centro nucleare. Le conseguenze potrebbero essere catastrofiche (Il Centro non è stato progettato per resistere a tale eventualità); la mancanza di un monitoraggio completo dei parametri ambientali (aria, acqua, suolo) e sulle matrici alimentari (carne, uova, pesce, flora, frutta, latte, etc) per la tutela delle popolazione dal rischio contaminazione radioattiva; la mancanza di una indagine epidemiologica sulla popolazione, trasparente anch’essa nella impostazione e gestione delle rilevazioni e magari realizzata con il coinvolgimento attivo dei cittadini; la mancanza di tutti gli strumenti sanitari pronti a fronteggiare una eventuale emergenza radioattiva; la militarizzazione del Sud ed in particolare la neonata base Nato di Taranto che rischia di ospitare i sommergibili nucleari della VI Flotta Americana in procinto di lasciare la Maddalena in Sardegna, con conseguente nuclearizzazione del Mar Jonio. Ciò creerebbe ulteriori e drammatici risvolti sul pericolo nucleare nel nostro mare ed evocherebbe il pericolo di nuovi depositi nucleari a scopo militare. CHIEDE AGLI ENTI PREPOSTI E AI RISPETTIVI RESPONSABILI: La messa in sicurezza delle scorie italiane nei siti ove attualmente sono ubicate; La restituzione di tutto il materiale nucleare “non italiano” ai legittimi proprietari; in particolare la restituzione delle barre di combustibile nucleare di Elk River e di tutto il combustibile riprocessato: 64 Barre di Uranio/Torio e i rifiuti delle lavorazioni (liquidi ad alta attività) dopo la sistemazione in sicurezza e, garantita l’inutilizzabilità futura per fini militari, agli Stati Uniti d’America. La risoluzione della controversia in merito alle barre di Elk River non è di natura giuridica, ma di natura politica. Come Coordinamento di associazioni lucane riteniamo responsabili della materia i rappresentanti lucani nel Governo Nazionale ed in particolare i sottosegretari lucani Bubbico, Lettieri e D’Andrea; gli altri parlamentari lucani dovrebbero esercitare potere di controllo e “pressioni”, informando e coinvolgendo i cittadini, pretendendo risposte alle interrogazioni effettuate; la creazione di un Ente pubblico, quindi controllabile, che dia garanzie di trasparenza e garantisca tutte le operazioni di sistemazione in sicurezza di tutto il materiale radioattivo presente nel centro nucleare della Trisaia, considerata l’inaffidabilità attualmente espressa dalla Sogin Spa; che si faccia luce su tutte le vicende legate alle inchieste giudiziarie che vedono coinvolto il centro nucleare della Trisaia e che vengano perseguite eventuali responsabilità per la gestione dell’Enea e della Sogin; il risarcimento economico da destinare ad iniziative di sviluppo economico e sociale del Metapontino per i danni indotti per la presenza del centro nucleare; uno studio sulle possibili conseguenze correlate ad una tracimazione dell’invaso di Monte Cotugno e il suo impatto sul centro nucleare posto a valle; che tutte le attività inerenti la conoscenza, la verifica e il controllo della sistemazione in sicurezza del materiale nucleare presente presso la Trisaia di Rotondella venga fatto coinvolgendo sopratutto le popolazioni locali;. La convocazione delle sedute del Tavolo della Trasparenza, a rotazione, presso lo stesso centro nucleare, presso il comune di Rotondella e presso tutti gli altri Comuni “satelliti”; che i sindaci del Metapontino, i loro tecnici di fiducia e le associazioni interessate siano parte integrante del Tavolo della Trasparenza (per cui si rende necessario l’adozione di un nuovo regolamento di gestione); tutti i cittadini interessati devono poter avere conoscenza di quando si realizza al Tavolo della Trasparenza ed accesso alla documentazione; di assicurare al più presto un monitoraggio ambientale per tutelare la salute di flora, fauna, cose e persone effettuati anche con metodi innovativi, quali il biomonitoraggio con insetti e/o piante in grado di rilevare con estrema attendibilità e semplicità l’evolversi dei parametri ambientali. Le sole centraline sull’aria montate dall’Arpab non bastano, i valori delle analisi devono essere accessibili a tutti per questioni di trasparenza e sicurezza sociale. Questo tipo di monitoraggio dovrebbe essere avviato prima delle attività di decommissioning e messa in sicurezza, operazioni estremamente pericolose sia per i lavoratori che per le popolazioni circostanti; di non cedere alla “logica delle compensazioni” (già aborrite nel dopo Scanzano), così come stanno riproponendo i sindaci auto-convocati (ed in questo ci chiediamo dove sia il Governo); di realizzare tramite le strutture sanitarie un’indagine epidemiologica utile per la programmazione delle attività di prevenzione sul territorio, non solo inerente il rischio radiologico; di attrezzare le strutture sanitarie presenti sul territorio per gestire una eventuale emergenza di contaminazione radioattiva; di attivare con risorse ordinarie disponibili una riconversione totale del centro nucleare dopo il decommissioning e la denuclearizzazione del sito per l’istituzione di facoltà universitarie al servizio del territorio (nelle specialità consone ad uno sviluppo sostenibile del Metapontino quali Agricoltura, Energie Rinnovabili e Turismo). In questo modo si darebbe un nuovo impulso al territorio con il mantenimento degli attuali livelli occupazionali; il centro può essere riconvertito, inoltre, in un incubatore tecnologico per lo sviluppo delle imprese così come avviene con altri centri Enea ; le aree denuclearizzate possono essere riconvertite in aree di sviluppo commerciale industriale, per la presenza delle principali arterie di comunicazione (ferrovia, strada statale, porto di Taranto); di tutelare il nostro ecosistema e di istituire al più presto il Parco della Magna Grecia e il Parco dei Calanchi, l’istituzione dei parchi in oggetto oltre a tutelare l’ecosistema è occasione di sviluppo per i territori coinvolti oggi purtroppo interessati da fenomeni di forte inquinamento e da inchieste giudiziarie collegate alle ecomafie. ALLA PREFETTURA DI MATERA E DI POTENZA CHIEDIAMO di attuare al più presto il Piano di Emergenza nucleare per la tutela delle popolazioni ai sensi del Decreto legge 320/95; di redigere ed attuare un Piano di Emergenza dighe per tutelare le popolazioni a valle degli invasi, in particolare per la diga di Senise, del Pertusillo e di tutte le altre dighe ed invasi minori. AI SINDACI DI ROTONDELLA, DEL METAPONTINO E DELLA BASILICATA CHIEDIAMO: in qualità di responsabili della salute pubblica, di attuare concretamente il rispetto e l’applicazione delle leggi in materia di tutela della salute delle popolazioni, avviando, in primo luogo campagne di messa in sicurezza e bonifica delle innumerevoli micro e mega discariche, anche di rifiuti pericolosi, spesso oggetto di indagini della Magistratura; di costituirsi in un coordinamento permanete per la denuclearizzazione del metapontino, formalizzando la richiesta di un nuovo regolamento del Tavolo della Trasparenza che contemperi una più ampia partecipazione e con sedute “a rotazione”, come prima esemplificato; di ribadire che lo sviluppo economico passa attraverso la tutela del territorio e che nessuna compensazione ambientale potrà mai salvaguardare. ALLE ASSOCIAZIONI, AI MOVIMENTI E AI PARTITI POLITICI CHIEDIAMO: di far propria la volontà dei lucani e del popolo del Sud per una denuclearizzazione del territorio manifestata nel 2003 affinchè il centro della Trisaia divenga sede di facoltà universitarie per la ricerca in Agricoltura, Turismo, per l’applicazione le Energie Rinnovabili.LETTO E SOTTOSCRITTO – per conto della OLA [Organizzazione Lucana Ambientalista], che se ne fa portavoce, coordinatrice e promotrice – da: Comitato ANTI-ScorieM.A.P. N.S.T. Movimento Antinucleare Pacifista NoScorie TrisaiaComitato Lucano per il Controllo delle Scelte EnergeticheComitato per la Difesa di Bosco Mangarrone di RivelloComitato per il No alle Antenne Selvagge nel LagonegreseLipu NazionaleLipu Basilicata Forum Ambientalista NazionaleOsservatorio Nazionale Biodiversità della LipuItalia Nostra CalabriaAssociazione Verdi per la Pace, PolicoroOsservatorio Internazionale per la Tutela dei Diritti dei Lucani nel Mondo, ZurigoAssociazione Culturale AllelammieRete Jonica per l’AmbientePeaceLink, Taranto Arci, sezione di Pomarico (Matera)Accademia Kronos BasilicataAssociazione Lucana Internazionale, ZurigoIl Brigante LucanoCE.ST.RI.M. Centro Studi e Ricerche sulle Realtà MeridionaliPresidio Antinucleare di MetapontoCo.S.A. Comitato Salute Ambiente PollinoArcheoart, PolicoroFare Verde CalabriaArchivio Lucano delle VociComitato contro i soprusi alla salute pubblica, Nova SiriCentro Mediterraneo delle ArtiN.I.MER. Nuova Identità MeridionaleAssociazione Terra dei Calanchi [Le Adesioni al presente Documento sono in continuo aggiornamento]

Feste religiose in Basilicata

Le pratiche tradizionali legate a riti specifici, a cerimonie, oppure a manifestazioni oliedriche nell’ambito
del privato e del pubblico, chiamate col termine “festa” sia dalla cultura dotta che popolare, laica o religiosa, sembrano assumere, nella composita realtà attuale, il carattere di“mitologie”. Mitologie,
in senso barthesiano, in quanto le feste galvanizzano filnalità e mentalità divergenti, rinnovando una
specie di fascino ossessivo che spinge, anche in Basilicata, a riscoprire, creare, costruire, celebrare pratiche festive con una effervescenza spesso singolare…

il resto dell’articolo è consultabile cliccando sul link:
http://www.consiglio.basilicata.it/basilicata_regione_notizie/brn92_0299/42%20Larotonda.pdf

La casa tra cielo e mandarini

La casa tra cielo e mandarini si immerge nel verde
e sfoggia il bianco dei deboli fiori
che al primo soffio di vento
travestono il terreno di neve di petali.
Intorno, danzatori alati e leggeri lambiscono il fogliame.
Dalla casa tra cielo e mandarini
si afferra il rumoreggiare del fiume
che sotto un ponte di cemento
scorre lento e scarno
confuso tra le piante
curve verso il mare
e sopravvissute all’inverno.
Le nevi delle montagne
iraconde e fangose
lasciano il segno sugli agri della valle
e sui visi degli uomini.
L’antico letto
casa natia del bizzoso fiume
non perde la cortesia
e alloggia giovani alberi boriosi
che solleticheranno il cielo.
Nella casa tra cielo e mandarini
s’avverte l’odore della terra ubriaca di pioggia,
della polvere arsa dal solleone che si inchioda sulla pelle.
Ciottoli solcati da trattori segnano un sentiero
che termina d’improvviso il suo percorso.
Ammansito sulla strada ferrata,
il treno diviene padrone dispotico del cammino.
Le erbe insistenti si confondono con i bordi ferrosi
e mutate nel colore non abbandono luogo.
Nella casa tra cielo e mandarini
comprendi i segnali delle stagioni.
Il primo sole traditore non illude
i primi piovaschi violenti non intimoriscono.
La primavera è accertata dalle operose rondini
che ricostruiscono il nido.
L’inverno si annuncia con gli arancioni frutti
che pendono irriverenti.
Tra cielo e mandarini
Sotto le stelle o fronte al fuoco
una casa racconta le storie
dei docili fiori che si trasformano in scanzonati frutti
del gorgogliare del fiume e dello stridere del treno
del gioco senza fine tra sole e luna
mentre un cane fidato osserva distratto.

Antropologia del turismo: un percorso sul Web

Il turismo estivo coinvolge ogni anno milioni di persone, che oramai si affidano anche ai siti Internet per cercare, trovare, prenotare voli, alberghi e quanto altro.Forse proprio il periodo estivo, epoca delle grandi partenze, può essere il momento giusto per proporre un percorso internet diverso sul turismo, che proponga siti “riflessivi” su questo complesso fenomeno di massa e suggerisca mete e pratiche turistiche alternative.Il turismo da un punto di vista socio-antropologico è innanzitutto un’azione sociale tipica delle società occidentali industrializzate, ma secondo alcuni etnografi è una sorta di “rito di passaggio”, un importante momento di
cambiamento e rinnovamento da parte di chi lo pratica; secondo altri studiosi rappresenta la Ricerca dell’autenticità, una sorta di versione laica della ricerca del sacro, del viaggio spirituale di medievale memoria (Dante sarebbe stato un “turista” ante litteram insomma); secondo alcuni studi il turismo è soprattutto una forma di imperialismo, che accelera il diffondersi di pratiche imperialiste, consumistiche e anti-ecologiche nei nativi, distruggendo il loro ecosistema culturale…Comunque lo si consideri non v’è dubbio che il fenomeno del turismo sia un tema di enorme interesse, visto il giro di affari e il numero di persone che coinvolge; non dimentichiamo che il turismo di massa è una delle cause e degli effetti della globalizzazione e come tale gode negli ultimi anni anche di una notevole attenzione da parte dei media.
L’antropologo e scrittore Duccio Canestrini è uno specialista del tema e nel suo sito Homoturisticus.com si possono trovare numerosi spunti di riflessione acuti e divertenti dedicati ai turisti, o come Canestrini li ha soprannominati, “nomadi del benessere”, con i loro riti e miti di viaggiatori.Turismatic.it è un sito dedicato agli aspetti e ai problemi socio-antropologici del turismo, dove sono esposte idee, temi delle ricerche svolte dalla Cattedra di sociologia del turismo dell’Università de la Sapienza di Roma.Molti siti in Rete poi propongono stili di turismo alternativi a quello di massa, tra cui spiccano il turismo enogastronomico, il turismo culturale e il cosiddetto turismo sostenibile o ecoturismo. Grazie al turismo enogastronomico le ricchezze e le peculiarità anche alimentari del territorio si fondono con la promozione della cultura e dei prodotti locali; tra i siti dedicati a questi temi segnaliamo granda.net , portale dedicato al turismo enogastronomico nella provincia di Cuneo; anche nel sito kumale.net di Vittorio Castellani alias chef Kumalè si propongono viaggi, incontri e convegni basati sulla filosofia del turismo gastronomico, con un occhio all’interculturalità e alla solidarietà.Infine actanet.it è il primo portale italiano sul turismo sostenibile; ha uno spazio dedicato ai materiali didattici e alla bibliografia sul tema, e propone una serie di link sul turismo sociale e responsabile.
La Conferenza di Rio,1992,coronò l ‘emergere delle questioni ambientali come grande tema delle politiche nazionali e internazionali.Con Rio,da un lato si affermava la necessità di un governo globale di alcuni questioni ambientali planetarie – effetto serra, acidificazione, riduzione dello strato di ozono,tutela della biodiversità -,dall ‘altro si richiedeva di integrare gli obiettivi di tutela delle risorse e della qualità ambientale sia nelle politiche territoriali ed economiche nazionali (e locali), sia nelle strategie produttive dei gruppi economici. 10 anni dopo,la Conferenza di Johannesburg 2002,si confronterà con la necessità di fare il bilancio degli effetti ambientali di un decennio di globalizzazione economica.Un triplo bilancio:il bilancio dell ‘efficacia delle politiche globali e nazionali,pubbliche e private;il bilancio dello stato delle risorse ambientali e dei rischi;il bilancio degli effetti diretti (e indiretti)della globalizzazione dei mercati. Dematerializzazione relativa e assoluta Nell ‘arco dell ‘ultimo decennio,i cambiamenti strutturali dell ‘economia,la diffusione di nuove tecnologie e lo sviluppo delle politiche ambientali hanno consentito di consolidare il processo di “dematerializzazione ” e di riduzione dell ‘intensità ambientale dello sviluppo economico avviatosi dalla metà degli anni ’70. Tutti i principali indicatori ambientali si sono disaccoppiati dagli indicatori economici.Su scala globale,a fronte di una crescita del 20%del Prodotto Interno Lordo e di una crescita del 12%della popolazione (nel periodo 1990 – 1998)),i consumi energetici sono aumentati del 10,5%,le emissioni di Co2 (da soli usi energetici) sono cresciute del 8%,le emissioni di anidride solforosa e di ossidi di azoto diminuiscono,i consumi di ferro sono aumentati del 3%(mentre erano cresciuti del 11% nel decennio precedente),l ‘estensione delle terre arabile è rimasta stabile (mentre erano cresciute del 4% nel decennio precedente),il tasso di crescita dell ‘inquinamento organico rilasciato dagli scarichi idrici si è ridotto. Su scala globale siamo di fronte a quella che è stata chiamata una “dematerializzazione relativa “, perchè in assoluto è comunque cresciuto il prelievo di risorse energetiche e di materie prime,sono cresciute le aree naturali convertite (per urbanizzazione,agricoltura o degrado),sono aumentate le emissioni climalteranti e idriche e i rifiuti rilasciati nell ‘ambiente.Ma ciò è avvenuto ad un tasso inferiore rispetto al passato e con una intensità inferiore a quello della crescita economica. La riduzione delle pressioni ambientali nei paesi sviluppati Nei paesi sviluppati – e soprattutto in Europa – per molti aspetti si è realizzata una riduzione assoluta dei carichi ambientali.Le emissioni atmosferiche – dall ‘anidride solforosa,agli ossidi di azoto ai metalli pesanti e alle diossine – si sono uniformemente e costantemente ridotte..In Europa – ma non negli Stati Uniti – anche le emissioni climalteranti si sono ridotte (-4%) rispetto ai livelli del 1990, nonostante la crescita dei consumi energetici.I consumi di fertilizzanti e pesticidi sono diminuiti,in valore assoluto,per ettaro coltivato,per tonnellata di prodotto.I prelievi idrici,nella gran parte dei paesi europei,si è ridotta o stabilizzata ed è diminuito (per quantità e pericolosità) il carico inquinante rilasciato nei corpi idrici,nelle acque sotterranee e in mare.Considerando il riciclo,anche la quantità di rifiuti destinata a smaltimento si è stabilizzata o ridotta (in alcuni paesi in maniera consistente). Nei paesi industrializzati l ‘inversione di tendenza è evidente ed è oggi guidata non solo dalla normativa ambientale e dagli strumenti fiscali,ma anche dal mercato e dagli orientamenti dei consumatori.Aumentano in maniera sensibile sia l ‘offerta che il consumo di prodotti industriali ad alta efficienza energetica e qualità ambientale,di prodotti agricoli e alimentari biologici,di turismo naturalistico,di prodotti finanziari orientati ambientalmente. Non è un processo irreversibile.La pressione per un allentamento dei vincoli ambientali e per limitare l ‘internalizzazione dei costi ambientali resta alta,anche se ormai il mondo industriale e agricolo è diversificato e non costituisce più un blocco omogeneo che resiste all ‘innovazione e alla tutela ambientale. Ciò nonostante,nella gran parte delle regioni dei paesi sviluppati è cambiata,soprattutto nel corso di questo decennio,la qualità del problema ambientale e del conflitto ambientale.Gli scarichi idrici e atmosferici e lo stesso smaltimento dei rifiuti,non costituiscono più – se non in alcune aree e punti circoscritti – una emergenza e un rischio ambientale..Il tema fondamentale non è più contenere i danni,ma migliorare la qualità.Pur con molte eccezioni (ad esempio per molte regioni italiane) e con diversa efficacia,la maggiore efficienza ambientale della produzione e la realizzazione di una rete di infrastrutture ambientali hanno consentito di spostare l ‘attenzione sulla qualità ambientale dei consumi,del territorio e dell ‘ambiente urbano.La sfida ambientale – e il conflitto fondamentale – si è spostato sul campo delle politiche urbanistiche, sul traffico urbano e sulla mobilità,sull ‘infrastrutturazione del territorio,sulla qualità dell ‘alimentazione,sulla tutela del paesaggio,sul ripristino degli ambienti verdi e naturali. Il degrado ambientale nel sud del mondo Se nel Nord del mondo si contraggono i carichi ambientali immessi e in parte si assiste a un recupero di funzionalità ambientale,il degrado e l ‘inquinamento ambientale esplode invece in tutto il Sud del mondo. Nei paesi in via di sviluppo sia la crescita economica che il declino economico si traducono con prepotenza in danno ambientale. In queste aree del mondo – e con più evidenza nelle aree meno dinamiche o in declino – peggiora anche la stessa efficienza d ‘uso delle risorse.Tra il 1990 e il 1998 l ‘intensità energetica è aumentata (o non è diminuita) in quasi tutte le regioni del mondo fuori dall ‘area OCSE,con la sola importante eccezione della Cina. In questa parte del mondo – anche trainata da un miglioramento delle condizioni di vita – la crescita dei consumi energetici ha in genere sopravanzato la crescita economica e all ‘interno dei consumi energetici è cresciuta la componente di combustibili fossili e di combustibili ad alto contenuto di carbonio. Questo peggioramento è più evidente nelle aree meno dinamiche o in declino (l ‘Africa e i paesi dell ‘ex blocco sovietico),ma non risparmia neanche economie dinamiche come l ‘Indonesia o la Malesia (i dati calcolati sul periodo precedente al 1998 non sono inficiati dagli effetti della crisi economica finanziaria). Anche se al crescere del tasso di industrializzazione (e del reddito)aumenta anche l ‘efficienza nell ‘impiego delle risorse (ma non sempre e non con la stessa intensità si riducono consumi e emissioni totali),il ritmo dello sviluppo industriale di questi paesi,sommandosi al carico demografico,prospetta problemi sconosciuti all ‘evoluzione del sistema industriale occidentale. Particolarmente rilevante è l ‘impatto sulle risorse idriche,sia in termini di prelievi che di scarichi. A differenza di quel che succede nei paesi industrializzati,dove il carico inquinante subisce una contrazione,in tutti i paesi in via di sviluppo le emissioni inquinanti sono in forte accelerazione. Anche in questo caso la crescita delle emissioni da attività industriali,in molti paesi,ha un tasso superiore a quello della crescita economica.Tra il 1980 e il 1996 le stime per l ‘Indonesia segnalano un aumento del carico inquinante del 350%,per la Cina del 260%,per la Malesia del 200%. L ‘inquinamento atmosferico presenta andamenti diversificati nei vari paesi in via di sviluppo.In alcune aree urbane – in Cina, in Brasile, in Messico – le rilevazioni disponibili segnalano una contrazione dei livelli di inquinamento atmosferico,le cui concentrazioni nelle aree urbane restano però eccezionalmente elevate rispetto ai paesi sviluppati.Mentre sembrano ridursi gli effetti legati al riscaldamento e alla produzione di energia,la crescente motorizzazione determina condizioni di inquinamento drammatiche.In India,-con una prevalenza di veicoli a due e tre tempi (che rappresentano il 65% del parco e il 60% dei consumi),una bassa qualità dei combustibili (un più basso contenuto di benzene e zolfo è entrato in vigore nel 2000)e una scarsa manutenzione -,il traffico è ritenuto responsabile del 64% dell ‘inquinamento atmosferico a Delhi,del 52%a Mumbai, del 32%a Calcutta.Recenti stime indicano in circa 2 milioni di morte premature gli effetti sanitari del traffico nelle città indiane. E,più in generale,in questi paesi crescono tutti i principali fattori di impatto:consumo di pesticidi, consumo di sostanze dannose per la fascia di ozono,consumo di suolo. Certo,l ‘impatto complessivo di questi paesi resta,sotto molti profili,marginale.Negli ultimi 10 anni sul totale dei consumi energetici la quota dei paesi OCSE è cresciuta ulteriormente e nonostante il vertiginoso aumento dei consumi procapite in Asia (+19%in 10 anni,contro una media OCSE del 5%) in valori assoluti il consumo procapite asiatico è cresciuto di meno della metà di quanto non sia cresciuto quello di un abitante dei paesi sviluppati.Anche per le emissioni climalteranti,l ‘incremento registrato dai paesi in via di sviluppo è comunque stato inferiore,in valori assoluti,a quello degli stati Uniti. Ma il percorso dell ‘industrializzazione nei paesi occidentali non ha avuto i ritmi violenti che caratterizzano la condizione dei paesi di nuova industrializzazione né ha dovuto confrontarsi con analoghi tassi di esplosione demografica e di urbanizzazione. Nè,soprattutto,è mai prima d ‘ora avvenuto nella storia che una vasta quantità di paesi sperimentasse per un lungo periodo il declino o la stagnazione economica associato ad una rapida crescita demografica. Anche se oggi sono teoricamente (ma non economicamente)disponibili tecnologie e conoscenze capaci di consentire una forte minimizzazione degli impatti,l ‘impatto sulla qualità e disponibilità delle risorse ambientali dei processi in atto in questi paesi potrebbe rivelarsi più devastante di quella conosciuta nel Nord del Mondo.

Basilicata e Santo Graal: intervista alla giornalista…

In Basilicata alla ricerca del Santo Graal

Intervista alla giornalista di Repubblica che ha scritto del sacro graal in Basilicata. L’intervista riporta l’argomento sui giusti binari. Fin’ora, contaminati e contagiati dal… DanBrowinismo, si pensava di trovare il Basilicata la chiave di chissà quali misteri e tutti ma proprio TUTTI, tranne qualcuno serio, si sono improvvisati esperti e ricercatori di misteri stile Indiana Jones ( Ahiaahia, i mass-media cattivi maestri!!!).
La giornalista inizia… il sacro Graal è una leggenda che gira in Basilicata…perchè la Basilicata è una terra dove le leggende, le superstizioni e i miti diventano subito molto forti e il passaparola è così veloce che anche il Santo Graal può arrivare in Basilicata…

Il seguito dell’intervista è un omaggio alla Basilicata e un invito a visitarla.

Ma a volte mi sfiora un dubbio. A volte questo dubbio non mi sfiora ma mi colpisce in maniera violenta: ma la Basilicata esiste o è una leggenda come il Santo Graal? E se esiste la Basilicata allora esiste anche il Santo Graal? E cosa è la Basilicata di preciso? 

Vedi l’intervista  


http://www.tracieloemandarini.blogspot.com

La valle dei templari- articolo di Repubblica

La valle dei templari
Il santo gral si trova qui!
La Lucania è stata luogo di sosta e preghiera negli anni delle Crociate. E le numerose testimonianze storiche di questo passato hanno scatenato una caccia al Santo GraalIl Santo Graal si trova in Basilicata! Sono bastati pochi giorni perché questa frase passasse di bocca in bocca, di casa in casa, di paesino in paesino per trasferire nella “magica terra lucana”, così definita dall’antropologo Ernesto de Martino, il mito del Graal. Un passaparola spontaneo e appassionato ha così acceso sulla Basilicata i riflettori del dibattito mondiale sul segreto della misteriosa reliquia che, secondo la maggior parte delle fonti storiche, consiste nel calice di Gesù nell’ultima cena e usato per raccogliere il suo sangue dopo la Crocifissione custodito dai Cavalieri Templari e mai ritrovato, argomento riportato all’attualità dal successo editoriale del discusso libro di Dan Brown “Il Codice Da Vinci”. Storici, studiosi, turisti e curiosi non hanno resistito alla tentazione e sono approdati in Basilicata dando vita a una vera e propria caccia al tesoro nascosto. La migrazione sulle tracce del Graal si concentra in particolare nei piccoli centri del potentino sparpagliati ai piedi delle Dolmiti Lucane, zona ricchissima di grandi basiliche, caratteristica che intorno al 1150 costituì l’origine del mutamento del nome della regione da Lucania in Basilicata. Il contagioso coinvolgimento della popolazione nella ricerca della preziosa reliquia nelle chiese del territorio è supportata da elementi storici che hanno alimentato la creazione del mito. Primo fra tutti è l’origine lucana di Ugo Dei Pagani, Fondatore dell’Ordine dei Cavalieri Templari nel 1118 che, secondo documenti certificati nel 1600 nel Codice Amarelli, sarebbe nato da Sigilberto ed Emma proprio in Basilicata, per la precisione a Forenza. Le sue spoglie, invece, sono custodite nella chiesa sconsacrata di San Jacopo a Ferrara, nota per la presenza di una misteriosa cripta murata. Dati che, come sottolinea lo studioso Principe Guglielmo Giovanelli Marconi, “portano alla rivalutazione dell’origine italiana dell’Ordine dei Cavalieri del Tempio finora trascurata”. L’interesse di studiosi e curiosi si è scatenato intorno alla scoperta di simboli templari presenti nelle chiese dell’area dell’Alto Bradano e in particolare ad Acerenza, Venosa, Castelmezzano, Serra di Vaglio e Lagopesole, villaggi entrati improvvisamente nella mappa delle località legate al mistero del Graal, di fianco a mete più note come Rosslyn Chapel in Scozia e la chieda di Santa Maddalena a Rennes le Château in Francia. Perché furono costruite basiliche così grandi in Lucania rispetto alla popolazione? La convinzione diffusasi a macchia d’olio è che la Basilicata è stata sede strategica e luogo di ristoro morale e spirituale per le truppe partecipanti alla Prima Crociata nel 1095, promossa Papa Urbano II di Cluny che per sei anni soggiornò nella cittadina lucana Banzi, e alla sesta nel 1227 quando l’Arcivescovo della Cattedrale di Acerenza, Padre Andrea collaborò con Federico II per l’organizzazione della spedizione. La prima tappa dell’inedito itinerario è la Cattedrale di Acerenza, la chiesa più grande del territorio capace di ospitare 1200 fedeli per le funzioni, diventata meta irrinunciabile perché sembra nascondere un segreto nella sua cripta restaurata nel 1524 dal Conte Ferrillo Balsa, membro dell’Ordine. “I turisti sono attratti da una finestrella barricata nella cripta da circa 500 anni”, racconta Rosalba Bochicchio, guida locale. Ma gli elementi di interesse di questa maestosa chiesa che fu sede arcivescovile dal 1059, anno in cui il Concilio di Melfi sancì l’alleanza tra Vaticano e Normanni del Meridione, sono tanti a partire dall’assenza di croce e dalla presenza, al suo posto, del busto di Giuliano l’Apostata, persecutore dei cristiani (attualmente custodito nella Cattedrale). “L’occhio del turista è incuriosito dalla facciata dove ci sono le sculture di due scimmie in fase di accoppiamento con due donne, simbolo del peccato lasciato fuori dalla chiesa”, spiega Rosalba Bochicchio. La sguardo poi si poggia su croci templari sulla facciata e, all’interno, sul sarcofago nella cripta, su un quadro del ‘500 di Antonio Stabile e sui vari simboli pagani intorno alla misteriosa finestrella, dall’immagine della dea Mefitis a un Gesù in posizione di morte che viene fuori da un calice, al teschio diventato poi simbolo dei pirati, all’agnus dei. La Cattedrale, dedicata al Santo Martire Canio o Canione, nome gaelico che significa “Magnifico Sorvegliante”, è stata costruita nel 1080 da Arnaldo, abate di Cluny che era arrivato in Basilicata con i Normanni assieme a Berengario, altro monaco di Cluny, diventato poi Priore della Abbazia di Venosa, detta l’Incompiuta, altra località di questo percorso sulle tracce del Graal (entrambe finanziate da Roberto il Guiscardo). La domanda di tutti è: “Cosa doveva sorvegliare San Canio?” e, con qualche dubbio e tanta curiosità, vanno verso Venosa per scoprire i segreti dell’Incompiuta della Trinità, una delle piu’ potenti Abbazie del Sud, nata nel V secolo su un tempio romano e ampliata più volte anche grazie a una donazione del padre di Ugo dei Pagani (1078) e luogo prediletto da Roberto di Guiscardo che vi portò la croce di Costantino nel 1081 mai ritrovata. La terza tappa è Castelmezzano, paesino arroccato tra frastagliate Dolomiti Lucane. Boemondo d’Altavilla, principe d’Antiocchia e primo normanno arrivato in zona scelse per questa località uno stemma che raffigura due cavalieri castelmezzanesi partiti volontari per la Crociata indetta da Papa Giulio II verso la fine del Mille, sotto la guida di Boemonte, Principe di Taranto. Il paesaggio è suggestivo ed è facile scorgere tra la roccia ancora i segni evidenti dei tagli che servirono per esportare la chiesa, nota come Grande Madre, e i resti del fortilizio normanno-svevo con una gradinata stretta e ripida che va verso il cielo. Ma gli elementi maggiormente misteriosi sono custoditi nella Chiesa Madre di S. Maria dove, 13 anni fa, durante i lavori di ristrutturazione, sono stati scoperti una porta segreta e un architrave triangolare che crea una croce templare a otto punte iscritta nella roccia: all’interno di un cerchio circoscrive un altro cerchio e, sull’icona della Madonna con il bambino detta dell’Olmo, una data A.I.D. 1117 e una frase che fa da cornice al dipinto “Hic habtta boam elegie a stlia mtna – salmo 131” (qui abiterò perché l’ho scelto, o stella mattutina). E’ una esplicita venerazione della Stella Mattutina tanto cara ai Templari, tramandata di maestro in maestro e che si pronuncia quando si entra in una nuova casa. Il percorso porta a Lagopesole, frazione di Avigliano, dove sorge il Castello Rosso costruito secondo il modello del Krak dei Cavalieri che padroneggia sulla valle dove, fino all’800, vi era un lago poi prosciugatosi. Il monumento ricorda il castello rosso dei romanzi del Graal situato di fronte una rupe bianca, colore che richiama subito alla mente la “terra bianca” lucana. Il Castello è stato la residenza estiva di Federico II, unica sua abitazione ad avere all’interno una cappella. L’ultima tappa è Serra di Vaglio, nota anche come Serra San Bernardo, il santo che ha dato la “regola” ai Templari. La zona custodisce, nel santuario mariano, i resti delle dea Mefitis, intermediaria tra la vita e la morte, dea delle acque con accesso alle proprietà magiche della fonte dell’eterna giovinezza.Di recente scoperta le origini del fondatore dell’ordine dei templari Ugo De Payen (Ugo Dei Pagani) la cui povenienza non era la Francia, bensì la zona di Acerenza e Forenza.

di Francesca Bellino
La Repubblica(08 giugno 2006)

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