Speciale qui Touring…Basilicata

Il Touring Club tra le varie destinazioni in Italia indica anche alcune mete in Basilicata. Indica ai suoi lettori le Dolomiti Lucane con… Picchi, guglie, profonde gole  si insinuano nel territorio e dividono paesi, rilievi mai troppo alti che incombono con un’incredibile forza sulle case e gli edifici che l’uomo è riuscito a costruire in questo ambiente così selvaggio…o il Parco Nazionale del Pollino area ammantata di foreste, profondamente segnata dall’uomo che qui ha eretto mura, edificato castelli, monasteri, chiese, dissodato terre, allevato animali e costruito villaggi arroccati sui monti…
Tra le altre iniziative editoriali  lo “Speciale Qui Touring”, bimestrale del TCI, presenta lungo reportage sul Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val D’Agri che racconta così: …“A viaggiare per la Basilicata si respira un’atmosfera inconsueta, atavica, cui non siamo più abituati, dove asprezza si alterna a dolcezza, collina dopo collina, rilievo dietro rilievo, e si ritorna indietro nel tempo, come in un Grand Tour ottocentesco dove tutto è ancora scoperta, e stupore.oppure“In un’aria vulcanica, fortemente accensibile,/gli alberi respirano con un palpito inconsueto;le querce ingrossano i ceppi con la sostanza del cielo”.


La Basilicata e la Magna Grecia. Un invito al viaggio

Lucania , terra di boschi e magia, dove monti e mari si mescolano in un concerto di silenzi, odori, colori straordinari. Terra quasi incontaminata, sconosciuta al mondo nei suoi segreti più intimi e naturali, nei suoi spettacoli di “civiltà naturalizzata” che mantiene salda la tradizione di ogni singolo paese.
Leggi l’articolo a cura di methasiri

Adotta una fontana


Chi di voi si ricorda le fontane in ghisa? Molti dei miei ricordi sono legati a queste fontane e appena ho visto questa iniziativa non potevo non segnalarla. Per rispetto della fontanina
Il progetto Adotta una Fontana, ideato e realizzato dall’Azienda Rabite è stato selezionato per partecipare alla Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti che si svolgerà in tutta l’Unione Europea dal 20 al 28
novembre 2010.
Tal evento è promosso in Italia dal Comitato Promotore Nazionale, sotto il patrocinio di CNI Unesco, della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
Il progetto si svolgerà in  collaborazione con gli  studenti dell’ITCGT Manlio Capitolo di Tursi,  e con il patrocinio locale del Comune di Tursi, dell’Ente Parco del Pollino e dell’Acquedotto Lucano.
Visita il sito
http://www.ecodallecitta.it/menorifiuti/
Locandina Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti
10 regole per ridurre il consumo d’ Acqua
Cosa significano queste sigle?

Era il 23 novembre e in Basilicata e Irpinia la terra trema

« Ad un tratto la verità brutale ristabilisce il rapporto tra me e la realtà. Quei nidi di vespe sfondati sono case, abitazioni, o meglio lo erano. »

(Alberto Moravia, Ho visto morire il Sud) 

sul New York Times si parla di Basilicata

Dopo il Financial Times anche il New York Times parla della Basilicata! L’articolo, corredato da un servizio fotografico, from poverty to luxury (vedi foto), pone l’attenzione sulla trasformazione del paesaggio. Il titolo del servizio In Italy, Luxury Transforms Caves Into Hotels, ovvero Il lusso trasforma le grotte in hotel, evidenzia anche un riscatto sociale del…paesaggio.
Ma al di là delle interpretazioni più o meno personali, il dato di fatto è che una regione fino a poco tempo fa completamente ignorata e invisibile si sta ritagliando uno spazio tutto suo.

Ecco l’articolo tradotto in italiano, pubblicato sul New York Times il 21 novembre a pagina 9.
Era un tardo pomeriggio a Matera, in Basilicata una regione del sud Italia, e le rondini svolazzavano in aria, il
loro cinguettare melodioso veniva interrotto solo dal tintinnio delle campane delle mucche che si abbeveravano nel torrente, giù in fondo al canyon.
Dall’altro lato del canyon c’è l’antica Matera, una zona così antica che è stata utilizzata per riprodurre la Giudea nel film “La Passione di Cristo” di Mel Gibson.
Spesso chiamata Sassi (che significa pietra/roccia), o la città dei Sassi, questa parte di Matera è un labirinto di grotte, chiese – alcune delle quali risalenti ai tempi dei romani – stradine a zig zag e facciate in pietra scolpita, su un strapiombo, di tufo ingiallito.
Appena dopo che io e la mia famiglia ci eravamo sistemati in un albergo del tutto nuovo, denominato Sextantio- Albergo Diffuso Le Grotte della Civita, abbiamo notato una coppia di anziani salire le scale, di pietra consumata, dell’hotel. La coppia, che indossava gli abiti della domenica, è entrata sulla terrazza, in pietra, dell’hotel attraverso un cancello in ferro. Nella hall, abbiamo sentito l’uomo, Francesco Di Cecce, presentarsi al gestore e raccontare che lui e sua moglie erano venuti a visitare la sua casa d’infanzia. Curiosi, li abbiamo seguiti come hanno trovato ciò che cercavano nel luogo in cui è ora la Suite 10. “Sono nato qui nel 1939”, ha detto Di Cecce mentre apriva una spessa porta di legno che introduceva in una grotta che si estendeva per circa 60 metri.
Come le abitazioni che la circondano, la maggior parte dell’albergo è composto da grotte, con le facciate scavate nella roccia o costruito da blocchi di calcare. Suite 10 è stata trasformata in una versione magica della caverna di Platone, splendente di luce dorata artificiale che filtra attraverso le finestre piccole, e da illuminazione incassate nelle pareti. Lo spazio minimo è stato arredato in maniera semplice, con una scrivania d’arte in legno invecchiato, un grande letto con una copertina bianca, soffitti a volta e un pavimento in pietra patinata
“Sono cresciuto qui con i miei sette fratelli e sorelle,” disse il signor Di Cecce, e indicando il bagno di lusso con la vasca da bagno a forma di uovo del design Philippe Starck. “E gli animali vivevano là dietro.”
Nel 1945, quando “Cristo si è fermato a Eboli” –Carlo Levi racconta l’estrema povertà in Basilicata – è stato pubblicato, ha portato l’attenzione e la vergogna di questa regione dimenticata, inserita tra la Puglia e la Calabria. Un decennio più tardi, il signor Di Cecce e circa 15.000 abitanti nei Sassi sono stati trasferiti in nuovi alloggi a basso reddito, e le antiche case grotta furono abbandonati.
Mentre guardavo in giro per la stanza che un tempo era la casa di una famiglia di poverissimi, ho ricordato qualcosa che l’umorista americano Finley Peter Dunne una volta disse: “Il passato sembra sempre migliore di quanto non fosse perché non è qui”.
Infatti, in questi periodo le grotte appaiono molto meglio che sotto la tutela dello stato. Nel 1993, nel tentativo di proteggere la storia significativa dei Sassi, l’Unesco ha dichiarato il Matera e i Sassi patrimonio mondiale dell’UNESCO, e gradualmente quelle case abbadonate a se stesse sono state trasformate in alberghi e ristoranti. Ora che alcune delle grotte sono progettati con vasche da bagno Starck e con alte tecnologie per il controllo della temperatura e umidità, alcuni viaggiatori sono disposti a spendere più di 400 dollari a notte per immergersi in una atmosfera incantata di antichità, anche se questo significa fare a meno di TV a schermo piatto o Wi -Fi.

Il regista e … albergatore Francis Ford Coppola sta contribuendo a far girare il nome della Basilicata. La prossima primavera ha in programma di aprire completamente Palazzo Margherita, nella remota cittadina di Bernalda, a circa 25 miglia a sud di Matera, e meno di 10 miglia dalla costa del Mediterraneo.
Anche se è la sua sesta proprietà, questa è la sua più personale. Suo nonno Agostino Coppola è nato e cresciuto in una “casa piccola nel centro storico di Bernalda,” scrive Coppola in una e-mail. Ha aggiunto che suo nonno, che ha parlato spesso del suo paese natio, non mancava mai di chiamare la sua città natale “Bella Bernalda”.
Il signor Coppola è andato a vedere Bella Bernalda per se stesso e nel 1962 “è stato abbracciato dal paese e ha scoperto che con quasi tutti era cugino.” Nel 2004 acquista Palazzo Margherita, una grande villa del XIX secolo. Gli interni sono stati progettati dal designer parigino Jacques Grange, e sarà caratterizzato da nove suite, un ristorante e un bar lato strada. Nella sua e-mail, il Sig. Coppola ha descritto il fascino della Basilicata: “E’’difficile scavare un buco nel terreno ovunque, senza scoprire un vaso greco o un coccio antico. Il vino è eccezionale. L’olio di oliva è eccezionale. Il cibo è unico. Ci sono cose che vengono mangiate che sono sconosciute altrove in Italia. “
Ci vuole un esploratore appassionato per di cucina per arrivare a Luna Rossa, un ristorante così fuori da ogni itinerario che si deve portare con sé quasi po ‘di carburante di riserva. Lungo il percorso che si snoda attraverso il Parco Nazionale del Pollino che conduce al paese di Terranova di Pollino, diventa chiaro il perché alcune delle ricette di Basilicata non hanno mai lasciato la zona.
“Alcune dei paesi in Basilicata sono così isolati che a volte è possibile trovare piatti che non sono cambiati molto dai tempi pagani”, ha affermato Federico Valicenti, chef della Luna Rossa e proprietario, un auto-proclamato culinario antropologo.
Quel giorno particolare in maggio ha servito i suoi ospiti un pasto che comprendeva fette sottili di salumi di maiali che mangiano ghiande nel Pollino, tapparelle, pasta locale a forma di un orecchio, servito con ricotta dura formaggio e scorza di limone, un piatto di capretto arrosto che è stato ispirato da una ricetta medievale, e di maiale, uova e formaggio caciocavallo locale. Sulla lista dei vini Luna Rossa ci sono una decina di vini dell’Aglianico del Vulture, un antico vitigno rosso originario della Grecia, coltivato sulle pendici di un vulcano spento nel nord ovest della Basilicata.
Anche se il Sig. Valicenti cerca ispirazione nei testi medievali e rinascimentali, ha detto le sue ricette sono le sue interpretazioni di piatti storici. “Io li rendo più leggeri e utilizzo moderne tecniche di cottura,” ha detto.

Di nuova apertura è il Torre Fiore Hotel, a10 minuti di auto dalla città piccola sulla collina di Pisticci, la cui colazione offre  una ricotta di assoluto valore,   prodotta da una  famiglia locale che si dedica alla lavorazione artigianale di formaggio e ricotta da sei generazioni. Lo chef dell’hotel, a sua volta, utilizza per fare una mousse di ricotta semplice ma memorabile.
L’hotel, circondato da fiori selvatici e campi di grano, una volta era una masseria (una casa colonica con mura fortificate tipiche del sud Italia), costruita da un ricco proprietario terriero. Ora è un sogno realizzato dal proprietario, Giovanni Giannone, che era nato a Pisticci, ma emigrato a Toronto. E ‘stato originariamente progettato come una casa di vacanza per la sua famiglia, ma i suoi figli sono stati così entusiasti delle potenzialità del territorio che hanno deciso di trasformarlo in un boutique hotel con piscina e 13 suite.
Il ristorante Torre Fiore è popolare tra gli intenditori locali che come Roberto Martino e il suo compagno, Angelo Bianco, hanno guidato per 45 minuti da Matera per mangiare lì.
Originario della Basilicata, i due si trasferiscono a Firenze dove sono organizzano happening di arte contemporanea. Circa quattro anni fa hanno deciso di tornare in Basilicata per realizzare SoutHeritage, una fondazione d’arte contemporanea che organizza mostre d’arte contemporanea in spazi storici in tutta la Basilicata.
Il signor Martino ha ricordato che la prime mostre attiravano gente p più per il vino e il cibo che per l’arte. “Idee moderne richiedono tempo per essere accettate qui,” ha detto. “Siamo almeno 60 anni indietro rispetto l’Italia settentrionale.” Poi, ha aggiunto con una risata: “Anche se a volte sembra secoli”.

leggi l’articolo sul New York Times

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E’ tempo di castagne in Basilicata

Mi sorprendo. Leggo un post sul sito Trentino web che parla di castagne e di Basilicata. Nel continuare la lettura mi accorgo di percorsi ben definiti e informazioni dettagliate. Annotazioni molto più precise ed esaurienti di tanti siti lucani e locali. Scorrendo, poi, mi rendo conto che l’autore di questo articolo è uno dei nomi più importanti della gastronomia e della sua divulgazione, Federico Valicenti.  Scoperto ciò e conoscendo lo spessore in materia… e non solo…mi godo per intero la
lettura del post che qui riproduco.

Da mangiare da sole, arrostite o bollite, impastate nei dolci o sotto forma di marmellata, ma sempre dolci e gustose come ogni anno. Tempo di castagne, una buona scusa per riunire la famiglia e trascorrere tutti insieme una domenica sana e intelligente. La Basilicata oramai è diventata meta preferita dalla vicina Puglia.

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Ogni fine settimana in questi mesi di ottobre novembre, intere associazioni, circoli ricreativi, organizzati anche con autobus, famiglie o singole coppie, tratteggiano itinerari delle castagne. Itinerari che portano alla scoperta anche del territorio lucano che inizia ad attrezzarsi anche con sagre e manifestazioni autunnali per intercettare sempre meglio questo segmento di turismo di prossimità.
Dal Melfese al Lagonegrese, dal Pollino al parco della Val d’Agri arrivano centinaia di utenti turisti alla ricerca dei ricci delle castagne, da portare come souvenir o per farli conoscere ai bambini, nelle scuole nelle case. Attraversando questo itinerario fai da te, si riscoprono sentieri naturali, panorami bellissimi, colori d’autunno che solo una Regione ancora integra e vergine come la Basilicata sa offrire.
Gruppi di persone inondano i ristoranti, gli agriturismi gli alberghi portando economia che si fidelizza attraverso la conoscenza della materia prima che ogni bravo oste, ogni bravo cuoco, ogni bravo produttore sa e deve saper vendere, che siano prodotti tipici o castagne. Terra di castagne la Basilicata offre una varietà incredibile di biodiversità.  Saper distinguere il marrone dalle castagne non è di vitale importanza ma arricchisce e accresce la conoscenza, il marrone ha forma più arrotondata con facce convesse, cresce al massimo in numero di due per ogni riccio, ha generalmente colore più chiaro, sul biondo caldo, presenta striature longitudinali abbastanza evidenti. Oltre alla dimensione, i marroni sono più grossi, ma esistono castagne normali anch’ esse assai grosse, la caratteristica più importante nella determinazione della qualità di una castagna, e’ il numero di semi contenuti nella buccia esterna.
Secondo alcuni specialisti, il “marrone” e’ una varietà della castagna dotata di un solo seme, il che significa minore o nulla penetrazione della seconda buccia nella polpa. Questo e’ un grosso vantaggio sia per il gusto sia per la lavorazione pratica del frutto.  Oggi meta di passeggiate in famiglia e di sagre di paese, il valore del castagno è sempre stato il frutto ma anche il bosco, la classica “castagnara”, è stata per secoli un’importante fonte di sostentamento e aggregazione nella civiltà contadina. Chiamato anticamente anche albero del pane il castagno ha avuto un ruolo fondamentale nell’economia della montagna fino a pochi decenni fa. L’albero ha pregi per il legno, che è ricco di tannino, resistente, di lunga durata, buono per la costruzione di travi, mobili e infissi. La Castanea sativa, della famiglia delle fagacee, è ancora oggi una pianta preziosa. La diffusione in tutta l’Europa ebbe inizio con i Greci, fu ampliata dai Romani e proseguì ininterrottamente per tutto il Medio Evo per opera degli ordini monastici Lo scopo di questa estensione era la sua duplice funzione, come risorsa gastronomica, la castagna è un amidaceo, e tecnologica come legname da opera. A partire dal Rinascimento, in concomitanza con il progresso tecnico in agricoltura e con il crescente sviluppo della cerealicoltura, iniziò la crisi del castagno.

Da allora e fino all’Ottocento, il castagno subì un lento e progressivo abbandono, nonostante si verificassero espansioni di portata locale che, nel corso dei secoli, fecero variare la distribuzione della castanicoltura, almeno in Italia. Alla fine dell’Ottocento iniziò il declino vero e proprio della castanicoltura, protraendosi per decenni a causa del concorso di molteplici cause, quali l’evoluzione delle abitudini alimentari delle popolazioni europee, l’introduzione di materiali alternativi come il metallo e la plastica nell’allestimento di manufatti e opere infrastrutturali, civili e agricole, la crisi dell’industria del tannino dopo gli anni trenta, il crescente interesse verso altre essenze forestali da legno, alternative al castagno come la robinia e ciliegio, la pressione antropica sugli ambienti forestali. Anche la cucina di castagne sia fresche che secche, ha avuto momenti di alti e bassi ma ha saputo conservare la memoria delle ricette mantenendosi come gastronomia a base antica e tipica delle mense, che ora trova ampio spazio nei menù dei ristoranti e delle trattorie custodi di ogni Regione.
COME CONSERVARE LA CASTAGNA.
Quello più semplice, utilizzabile anche a casa nostra, e’ l’immersione prolungata, 8 giorni, in acqua a temperatura ambiente. Si rivoltano spesso il primo giorno per fare venire a galla quelle bacate, ma l’acqua non si cambia per tutto il periodo. Poi si sciacquano e asciugano con cura, mettendole al fresco per 2 o 3 settimane, un tempo si azzardavano a conservarle per mesi, in sacchetti di iuta. Ai giorni nostri c’ e’ un sistema ancora più facile; le castagne, infatti, si possono conservare in freezer senza problemi, con soli due accorgimenti: una piccola incisione prima del congelamento se si prevede di arrostirle e la preventiva immersione in acqua per individuare quelle bacate.
Come si cucinano:
Per arrostirle occorre praticare su un lato un’incisione della buccia e poi cuocerle sul fuoco vivo in una padella di ferro bucherellata. Per bollirle, si lessano immergendole in acqua fredda leggermente salata e aromatizzata con foglie d’alloro o semi di finocchio. Sbucciate e passate al setaccio, diventano poi la base classica di moltissime ricette dolci o salate. Le castagne si possono anche lessare o stufare dopo averle preventivamente sbucciate; in tal caso basta incidere la scorza e immergerle per 5 minuti in acqua bollente, sbucciandole immediatamente. A questo punto si lessano con poca acqua e gli aromi più adatti lasciandole disfare o tenendole al dente. . Oppure metterle a stufare in un tegame con burro e verdure come sedano, porri, cipolle, coprirle di brodo e lasciarle cuocere, fino ad ottenere un ottimo contorno o l’ingrediente ideale per ripieni. Partendo sempre dalle cotture descritte si possono ottenere marmellate, gelati, creme salate, budini. Molte ricette tradizionali, come il castagnaccio, la polenta, le frittelle, richiedono l’utilizzo della farina di castagne, acquistabile in qualsiasi supermercato, altre ricette necessitano invece l’utilizzo delle castagne secche. In questo caso occorre farle ammollare in acqua tiepida e ripulirle di eventuali residui di buccia interna prima di cuocerle. Con le castagne secche si ottengono molte classiche minestre della cucina rustica.
PILLOLE
Per fare un buon pasto senza problemi di digestione si possono abbinare le castagne con altri alimenti amidacei e con le verdure, mentre è decisamente sconsigliata la combinazione con la frutta, il latte, l’yogurt ed i formaggi magri. Infine, è possibile mangiare le castagne con i legumi, le sostanze proteiche, la frutta oleosa e i grassi. Ma anche le semplici caldarroste, fruscianti nella pentola di ferro bucherellata, rallegrano un po’ tutti, con voglia di vino novello.
RICETTE
Munnulata” di Castelsaraceno
Ingredienti 300 gr di castagne 150 gr di fagioli 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva 1 spicchio d’aglio 1 cucchiaio di polvere di peperone macinato Procedimento Sbucciare le castagne: corteccia esterna, metterle in acqua fredda per un pò e togliere le pellicine interne quindi bollire le castagne in pignata con acqua e un pizzico di sale, far cuocere evitando una cottura prolungata, non far ammorbidire troppo le castagne. Cuocere a parte i fagioli rossi, preferibilmente, comunque non bianchi, in acqua con un pizzico di sale nella pignata. A cottura ultimata mischiare fagioli e castagne. In una padella soffriggere olio aglio e polvere di peperone,( puparul pisat: u cift) versare nel composto di castagne e fagioli mischiare tutto e servire
La torta di marroni di Marradi
Per l’impasto: 1 kg di passato di marroni 1 litro di latte 4 uova 400 gr di zucchero bustina di vanillina, mezzo bicchiere di rhum, 2 cucchiai di alchermes, un pizzico di sale buccia grattugiata di un limone. Per la sfoglia: 200 gr di farina 1 noce di burro latte e acqua quanto basta.
Procedimento: Intagliare i marroni, soprattutto se ancora freschi, e scottarli su fiamma viva per 2 o 3 minuti utilizzando la padella bucherellata oppure passarli al forno a microonde. Quindi procedere alla sbucciatura. Bollirli in acqua salata per un’ora circa. Scolarli e passarli al setaccio molto fine. Mescolare la purea di marroni con lo zucchero, la vanillina, la buccia di limone, il rhum e l’alchermes. Sbattere le uova e aggiungerle all’impasto. Lasciare riposare per circa due ore. Unire il latte e rimestare bene. Nel frattempo impastare la farina con una noce di burro, il latte e acqua quanto basta per ottenere una sfoglia da tirare col matterello. Rivestire quindi con questa sfoglia la teglia compresi i bordi. Versare quindi il composto di marroni nella teglia non superando l’altezza di 4 cm. Cuocere in forno già caldo a 120° per circa 3 ore facendo attenzione che il composto non raggiunga mai l’ebollizione. Controllare la cottura immergendovi uno stecchino da denti che, a giusta cottura, dovrà uscire completamente pulito. Questa torta deve essere tagliata fredda a losanghe meglio il giorno dopo la cottura. Una variante della ricetta è quella di far cuocere i marroni in metà latte e metà acqua, oppure solo nel latte. In quasi tutte le ricette antiche, la cui caratteristica comune è quella della semplicità massima dei prodotti impiegati, i marroni erano bolliti nell’acqua, cottura che li mantiene interi e li rende più digeribili. Le famiglie ricche cuocevano invece, già in passato, i marroni nel latte, come si usa fare oggi.

Basilicata, il paradiso italiano…secondo Repubblica (parte 2)

Posto qui la seconda parte dell’articolo di Repubblica che definisce la Basilicata come il paradiso italiano. (leggi la prima parte)

Spiaggia di Metaponto al tramonto(foto di superfigo)

Ma per quanti cercano tranquillità, anche Bernalda è una meta da inseguire. Un agglomerato di case intorno al castello (prende il nome da Bernardino de Bernaudo che eresse il maniero), tredicimila anime e un cittadino onorario di eccezione sin dal 1988: Francis Ford Coppola. Il grande regista del “Padrino” (che è nato a Detroit, Michigan) discende dal nonno Agostino originario di Bernalda ed emigrato agli inizi del ‘ 900. Qui di recente ha comprato Palazzo Margherita (in corso Umberto, anima pulsante della comunità), un castello diroccato che ha ristrutturato e fra qualche mese diventerà un albergo di lusso. Non di rado capita di
incontrarlo nel centro storico, intento a scambiare qualche parola con i residenti.

«Da bambino – dice in un altro spot promosso dall’azienda di promozione turistica – sentivo storie meravigliose da mio nonno che usava fare il vino nella cantina a casa a New York e mangiavamo cibi come il “lambascione”, che pochi in Italia conoscono. Quando vedi la Basilicata dal cielo, vedi campi, vigneti, bellissimi paesaggi …vedi la terra come doveva essere!»

Ed è sempre la natura, ora rigogliosa, ora aspra a costituire il fil rouge che lega questa terra, tanto che. un’altra eccellenza è il Parco Naturale Gallipoli Cognato un concentrato di vertiginosi strapiombi e strette gole scavate dai corsi d’acqua che lo attraversano (in primis il Basento), ed una meta privilegiata per il birdwatching: i più fortunati possono ammirare anche la rarissima cicogna nera che solca il cielo in lenti giri e che qui ha trovato il suo habitat naturale. Qua e là si scorgono “le sontuose mucche podoliche”, che danno poco latte ma di straordinaria qualità, dal quale si ricava il caciocavallo podolico, la variante nobile dei latticini lucani, presidio naturale del territorio.

Ovunque la qualità della vita è buona (come nei paesi all’interno del Parco, Castelmezzano e Pietrapertosa arroccati nella roccia da sembrare presepi naturali; Accettura, Oliveto Lucano, Calciano), “non c’è nemmeno la mafia” (seguendo il rap della pellicola di Papaleo).  E quel senso di intatto e sconfinato, si ritrova anche San Mauro Forte, di epoca normanna, che sembra uscito, direttamente, dalle immagini in bianco e nero, degli anni ’50, tenuto in ordine come fosse un salotto. Le strade, sono corridoi ricchi di palazzi baronali: ce ne sono circa quattordici censiti dalla Sovrintendenza, come Acquaviva, Di Sanza, Lauria, per fare qualche nome, e il cui progetto è la realizzazione di un albergo diffuso.

Discorso a parte per i Sassi di Matera, dichiarati patrimonio Unesco, che ora sono diventati il vero motore trainante del turismo lucano. Le facciate di tufo congelate dal tempo, nascondono inaspettati interni di contemporaneità. Come sono lontani i tempi quando queste costruzioni in pietra furono bollate dal governo De Gasperi, come vergogna nazionale. Dalla piccola terrazza belvedere in Piazzetta Pascoli (prende il nome dal vecchio liceo classico in cui il poeta insegnò per due anni), le case scavate nella roccia, le chiese rupestri e il perfetto stato di conservazione di simili concentrati d’arte e architettura popolare, generano una sorta di vertigine culturale. Poco distante, c’è il paese d’Irsina divenuto famoso perché conserva la scultura a tutto tondo in pietra dipinta, raffigurante Santa Eufemia, attribuita ad Andrea Mantegna, che attualmente rappresenta l’unica scultura mai ritrovata al mondo del genio padovano.

Ovunque, la Basilicata gioca anche la carta della gastronomia, fatta di pasta fresca, salumi, lampascioni – cult della vecchia cucina contadina – e ottimo vino Aglianico del Vulture. E chissà che anche al di là della Manica, questi piatti, insieme a soppressate, scarpedd (frittelle di pasta di pane) e peperoni “cruschi” (essiccati al sole e passati in olio bollente), non finiscano per piacere più del “fish and chips“.

articolo di Isa Grassano, Repubblica 16/09/2010

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I luoghi di cui si parla 
Vedi la cartina

Basilicata, il paradiso italiano…secondo Repubblica (parte 1)

Sembra che di colpo l’attenzione verso la regione lucana sia esplosa e abbia attirato le attenzioni di molti  che, a vario titolo,  ne descrivono il territorio e non solo. E in questo blog vi è una piccola serie articoli.
Alcuni hanno definifito tale fenomene come il PUNTO B. Ma superando le definizioni e classificazioni e rimanendo ai fatti, altra testata importante, Repubblica  si affaccia  alla finestra e si accorge che esiste una piccola regione che ha molto da mostrare, raccontare e scoprire. Merito dei Sassi di Matera di Papaleo, di Mariolina Venezia, di azioni politiche e di comunicazione, merito dei lucani che stanno scoprendo la loro regione
visitandola? Forse! Tutto vero; per le analisi è ancora presto ma bisogna, però, guardare attentamente il  fenomeno.
Se pensiamo al grande risalto che questa stessa terra qualche decennio fa ebbe. Ma non si parlava di paradiso, anzi il termine esatto era inferno!  In questi giorni, ricorre un anniversario triste. Una terremoto devastante colpì le zone della Basilicata e dell’Irpinia. Senzatetto, morti, ritardi. La cronaca di quei giorni e degli anni  a venire ha segnato i corpo e l’anima di molti lucani.
Guardare la Basilicata 30 anni dopo e leggere questi articoli fa piacere.
GM 

Leggi l’articolo:

Il cinema l’ha rilanciata, gli inglesi la stanno trasformando nel loro ultimo buen retiro, al posto del Chiantishire. Da Matera a Maratea, dal mare ai monti, il successo di una regione rimasta autentica
Basilicata, bella scoperta”.(vedi il VIDEO) E’ lo slogan di uno spot pubblicitario, di qualche tempo fa, per promuovere una delle regioni meno conosciute d’Italia con protagonista un curioso Leonardo da Vinci che, tentando di presentare la sua macchina volante ai forestieri, resta stupito e incantato dalle bellezze della sconosciuta Lucania. Oggi sono in tanti a scoprire quest’angolo del “Sud Italia”, complice il recente film del lucano Rocco Papaleo, “Basilicata Coast to Coast” con i suoi 4 milioni di incassi e ancora in proiezione.  “La Basilicata è come il concetto di Dio o ci credi o non ci credi”. Così esclama Rocco Papaleo per bocca di Nicola Palmieri, uno dei protagonisti. «La Basilicata, che ci crediate o no, esiste». Chi scrive, lo sa bene, essendo d’origine lucana, ma, di recente, se ne sono accorti anche gli inglesi che in un articolo del “Financial Times” hanno paragonato questa piccola regione niente meno che alla Toscana, spiegando come i sudditi di sua Maestà, che negli anni scorsi hanno cominciato ad affollare il cosiddetto Chiantishire, investendo anche in immobili, stanno ora facendo lo stesso nella regione del Sud Italia. Un nuovo eden, un Lucaniashire.

Si è attratti dai ritmi lenti, dall’atmosfera agreste, dal mare limpido, dai fitti boschi e dai gustosi prodotti della gastronomia. E così i centri lucani tornano a rivivere in un itinerario che conserva intatto il fascino del tempo. Si viene a contatto con città e paesi, lontani dal turismo di massa, ed è sempre il quotidiano britannico a tracciare la cartina dei luoghi più gettonati: Maratea, Matera, Bernalda, Irsina, San Mauro Forte. Alcuni sono più famosi, altri quasi sconosciuti. Tutti hanno un denominatore comune: le bellezze architettoniche e la natura incontaminata. E tutti rappresentano destinazioni vantaggiose anche per gli investimenti immobiliari: storici palazzi nobiliari e vecchie case (spesso vuote a causa dell’emigrazione), sono offerte a prezzi contenuti.

Come a Maratea, la perla del Tirreno, con un clima sempre mite, dove il costo degli immobili sul mare è, a causa della crisi, per il 10-15 per cento al di sotto del loro picco. C’è solo l’imbarazzo della scelta, sia sulle colline, in posizione privilegiata sulle acque cristalline, che nel grazioso e raccolto centro storico (preservato da una politica di cementificazione controllata) con vicoli strettissimi profumati di salvia, di fichi, di menta. Vivere o semplicemente fare una vacanza in questa bella cittadina regala sempre un’emozione, tra le stradine punteggiate di case variopinte, tra le deliziose piazzette animate da caffè o botteghe artigiane con produzioni locali di ceramica e di cesti di ginestra, tra le 44 chiese che costellano il territorio (molte custodi di tesori artistici, come la chiesa dell’Annunziata che conserva una pala d’altare raffigurante “l’Annunciazione”, attribuita al pittore cinquecentesco Simone da Firenze).

E vale la pena spingersi fino al monte San Biagio dove svetta l’imponente statua di Cristo Redentore (alta 21 metri ed un’apertura di braccia di 19 metri) che, con il suo abbagliante biancore, domina la collina e ricorda, per dimensione, quella di Corcovado di Rio.

fonte Repubblica
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I vini da non perdere in Basilicata

L’autunno è il periodo strano e straordinario; i colori assumono toni accesi, le giornate diventano intime e la terra offre sapori nuovi. Olio, castagne, funghi ( chiedete a Naturalmente Pollino)ma sopratutto vino. Il vino bevanda immortale e sempre più affascinante che anche in Basilicata ha i suoi pregi e segreti. Parlo dell’antico Aglianico, del Grottino di Roccanova, del DOC di Matera, dei vini più familiari e personali del metapontino,conosciuta in antichità come Enotria” terra del vino”, con i quali vini mi sono sempre confrontato. Ricordo i tempi della vendemmia,
e saprei riconoscere l’odore della fermentazione in una cantina e nutro sempre grande rispetto per il giorno di San Martino.
Un enologo e gastronauta, Luciano Pignataro, in una rubrica del suo wineblog (segui su FB), suggerisce una serie di vini lucani assolutamente da non perdere.

 I vini da non perdere  in Basilicata:

Con la vespa ai piedi del Cristo

Ci sono tanti modi di girare l’Italia, a me è capitato di farlo in autostop. Divoravo le opere della Beat generation e nel walkman andavano i Modena City Ramblers, i Doors o Neil Young. Un walkman era un  gran compagno di viaggio ma che consumava un sacco di batterie e di conseguenza era da usare con buon senso ( ma quando mai).
L’autostop, per me, è uno dei modi più affascinanti di viaggiare. La meta perde importanza e il viaggio acquista una sua dimensione immaginifica.
Tra i miei desiderei maggiori c’è sempre stato quello di viaggiare in moto; è il mezzo che più di altri è sinonimo di libertà. Sarà stata l’influenza di Easy Rider? Ma una moto mia, che fosse degna di tale definizione, non l’ho mai posseduta e quindi mi sono avventurato per piccoli tratti in sella al mio cinquantino truccato Piaggio Bravo. Aveva un suo fascino.
Perciò,quando mi capita di incontare o leggere di gente che si muove e
viaggia in moto ne rimango ammaliato e ciò solletica i miei desideri sopiti.
C’è in giro per l’Italia un certo Marco Giovannelli, giornalista, …viterbese di origine, varesino di adozione, cittadino del mondo…che a bordo della sua Vespa sta attraversando la penisola italica.
 Nel suo giro d’Italia, la tappa in Basilicata è Maratea. Colpito dalla sua dimensione, incantato dal borgo, descrive così la cittadina lucana:
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«Si tutti ierunu ngoppa, tu a chistora ancora erisi indì giruni». Mauro è addetto al parcheggio da dove si può salire al Cristo redentore. Dopo un po’ che discute con un tizio che non intende pagare, perde la pazienza.
«Perché non potrei salire con la macchina? E dove sta scritto che è vietato? Se non mettete i cartelli io vado dove mi pare». Il tipo scende minaccioso dalla sua auto. Dentro sono rimasti due ragazzini che strillano e la madre che prova a farli star zitti.
Mauro gli indica il divieto di accesso e gli spiega che “se tutti salissero su, a quest’ora lui sarebbe in coda sui tornanti”, perciò conviene anche a lui parcheggiare lì e proseguire con il bus navetta.
Il tipo non me vuole sapere di tirar fuori quattro euro, gira e se ne va.
«Nei mesi di luglio e agosto, – mi racconta Mauro – quando l’accesso alle macchine è chiuso, noi gestiamo il parcheggio e i trasferimenti fino alla chiesa. Ci sono giorni che salgono anche quattromila persone».
Il Cristo redentore è uno dei punti forti dell’attrattiva turistica di Maratea. La statua è imponente. Alta ventidue metri, con una apertura delle braccia di diciannove, spicca in alto sulla montagna del rione San Biagio, e la si vede anche dal mare. Di notte è illuminata e si può salire fino a mezzanotte.
Il Cristo redentore per grandezza è secondo solo a quello di Rio de Janeiro in Brasile e per arrivare in cima hanno costruito delle rampe di accesso sospese nel vuoto. Una volta lassù, la vista non ha uguali, e capisci perché Maratea sia terra di mare e di montagna.
Arrivo nella piazzetta della chiesa e alcuni fedeli, grazie a degli altoparlanti all’esterno, stanno ascoltando la Messa. Intanto in un residence vicino ci sono le prove per una serata danzante, e così all’omelia del parroco si sovrappone una improbabile disco dance.
La Basilicata, una volta percorsa tutta la costa calabra, è l’unica regione che incontrerò di nuovo. Ha una striscia di mare sul Tirreno e un’altra sullo Ionio. Dopo l’uscita del film di Rocco Papaleo, Basilicata coast to coast,
( #FriendFeed) nei vari luoghi in cui è ambientata la storia arriva tanta gente che vorrebbe rivivere l’odissea di quella band che aveva deciso di attraversare a piedi la regione impiegandoci dieci giorni, invece delle due ore necessarie con la superstrada. Si scopre così una terra ricca di scorci, di storia, di vita.
«Il film ci ha fatto tanta pubblicità, – mi racconta sempre Mauro, quello “dell’ngoppa” del redentore – ed è partito proprio da qui, con le riprese del Cristo. Potevano però far vedere altre cose del nostro paese. Hanno lasciato fuori il mare che è il più bello della Lucania. Ormai però ci siamo abituati, perché quelli dell’altra costa hanno sempre maggiori attenzioni. Sono cinque anni che si è spaccato un braccio del porto e non trovano i soldi per sistemarlo. Appena succede qualcosa nel Metapontino invece intervengono subito».
Sulla bellezza del suo paese Mauro ha ragione. La strada che porta a Maratea da Sapri non te l’aspetti. Dopo chilometri di costiera sorrentina e amalfitana pensavo di aver visto tutta la bellezza possibile del mar Tirreno. Sbagliavo. La discesa verso Maratea incanta per un’acqua blu, verde, limpida, di cui si vede il fondale da decine di metri di altezza. È un mare inaccessibile tranne alcune piccole calette, dove per scendere occorre però scarpinare per bene.
Nel mio giro in vespa Maratea è l’unica tappa in Basilicata. Resto incantato anche dal centro storico, chiamato “il paese delle 44 chiese”. In questi anni c’è stato molto fermento e il borgo si è rivitalizzato. La via centrale, la piazza, i vicoletti sono una bomboniera( #flickr). C’è stata un’integrazione tra i negozi, le attività storiche e le nuove. In piazza, orgoglioso del suo lavoro, c’è un vecchio barbiere con la sua bottega ancora di un tempo. Sono le ventitre e lavora ancora, quasi fosse un’artista che rappresenta il proprio paese. C’è molta cura e si stanno recuperando sempre più pezzi del centro storico. Tutto chiuso al traffico, è un piacere vedere i bambini poter correre e giocare sereni.

Restiamo in attesa del suo passaggio nel Metapontino.

Fonte: VareseNews
http://www.tracieloemandarini.blogspot.com

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