Basilicata land to land (5). L’uomo delle scarpe antighiacchio

L’uomo con le scarpe antighiacchio 
Vincenzo e la sua invenzione: le scarpe catenate

Ho scoperto questo video su facebook e ho chiesto informazioni. L’arzillo vecchietto si chiamava Vincenzo e le foto sono state scattate nei giorni della grande nevicata di febbraio, nel paese di Castelsaraceno, Un borgo incastonato tra i monti Raparo e  Alpi, a cavallo tra i due parchi nazionali lucani, quello del Pollino e quello dell‘Appennino. 

Non ci si libera di una cosa evitandola, ma attraversandola.(C. Pavese)
Vedendo queste immagini, Vincenzo mi è sembrata un personaggio che non
si fermasse davanti a niente, neanche a di fronte alle avversità della natura. Anzi direi che sembra l’esempio più adatto di come l’uomo abbia reagito alle difficoltà, si sia adattato ad esse e le abbia superate. Di lui raccontano che era un uomo sempre arzillo e vispo, conosciuto e ben voluto da tutti in paese. La curiosità per la vita lo portava, nonostante non fosse un uomo di …alta cultura, a ricercare nei luoghi nella antica Planula, antico e scomparso insediamento nei pressi di Castelsaraceno, resti e testimonianze di quel passato. Perchè  scrivo di Vincenzo al passato? Perchè alcuni giorni dopo questo video, il signor Vincenzo è deceduto all’improvviso con grande sbigottimento di tutta la comunità. Anche se io non l’ho mai conosciuto, mi è sembrato un giusto tributare questo post a lui, alla sua fantasia e alla sua tenacia.   VAI AL VIDEO

Quando incontri una mucca nella nebbia, le chiedi di farti passare (basilicata land to land – 4)

Dalle 8 del mattino in auto. Potenza -Matera- Poi Matera- Lagopesole.
Sta diventando buio e un velo di nebbia mi accompagna: Chilometro dopo chilometro la nebbia diventa sempre più fitta e si procede quasi a passo d’uomo.

Castello Lagopesole avvolto nella nebbia

 Arrivo, finalmente,  al castello di Lagopesole, la cui mole è confusa nella nebbia. In questa atmosfera sembra prendere forma la leggenda di Elena degli Angeli

Dopo un pò riparto, destinazione Anzi/ Calvello. Non so se abbiate
idea delle distanze, ma vi posso garantire che non è propriamente una passeggiata.

Qualche chilometro sulla Basentana e mi immetto sulla strada dell’Appennino Meridionale.
La nebbia e sempre più densa e la luce dei fari dell’auto non penetrano la cortina .
Intorno nel buio si percepisce il bosco.
Un ambientazione surreale e anche affascinante, mentre le sigarette si consumano tra le dita.

All’improvviso, dal fitto nebbia appare una mucca ferma nel bel mezzo della strada.
Non una mucca normale, che già di per sè è di mole possente, ma una podolica con le sue lunghe corna.
Che faccio mi incazzo! Ma no! Sorrido, le faccio una foto, a distanza di sicurezza, e sottovoce le chiedo di poter passare. Tra la nebbia,osservo il suo sguardo e credo mi abbia sorriso. Forse era solo immaginazione e un pò di stanchezza ma alla fine e mi ha fatto passare.
Con la gentilezza si ottiene molto anche se non tutto, infatti dopo c’ho provato con la nebbia ma lei è rimasta.

Palazzo Margherita a Bernalda: storia, storie e leggende

Palazzo Margherita. Foto di I Want To Be a Coppola

Palazzo Margherita è una dimora storica della prima metà dell’Ottocento che occupa un lungo tratto del lato occidentale di Corso Umberto a Bernalda. Gestito dalla
Sovrintendenza ai Beni Culturali, ora vede come nuovo proprietario il regista italo-americano Francis Ford Coppola, cittadino illustre di questo centro della Basilicata, ma rimane comunque vincolato al Ministero dei Beni Culturali, in quanto ospita al suo interno uno dei Giardini e Parchi storici più belli d’Italia ed, al tempo stesso, uno dei pochi e meglio conservati giardini urbani della Basilicata, come certificato dallo stesso Ministero fin dal 1960. L’impianto del giardino di Palazzo Margherita si collega direttamente con la forte personalità del suo ideatore e realizzatore, Giuseppe Margherita, vivente fino al gennaio 1992.

Quarto di cinque figli maschi, eredita dal padre (un affermato industriale e commerciante di cereali e olio, attivo in tutta Europa e originario di Taranto) la casa di famiglia a Bernalda. A differenza dei fratelli, tutti attivi nel settore del commercio e dell’industria, il giovane Margherita coltiva interessi per la musica e per il giardinaggio.

A partire dal 1925 ha inizio la trasformazione del grande orto retrostante il palazzo edificato tra il 1885 e il 1892. L’orto, la cui realizzazione può datarsi a cavallo degli ultimi due secoli, utilizzava uno spazio relativamente ampio dell’area circostante le spalle dell’edificio e si affacciava a terrazza sulla valle del Basento. La trasformazione viene fatta partire sin dall’androne d’ingresso che precede l’entrata del giardino che, insieme ad un cortile con una quinta trasparente che lascia intravedere l’ambiente verde successivo, stabiliscono il percorso principale, chiuso da una grande fontana. Qui si concentrano gli elementi architettonici (colonne e vasi), mentre il giardino vero e proprio, pur nell’attuale abbandono, prima di venire affidato alle cure di due super esperti fatti arrivare dagli Stati Uniti da Francis Ford Coppola, rivela i pochi elementi costruiti: vialetti, sedili, il recinto, il pozzo. I materiali prevalenti sono il cotto locale e la pietra calcarea della vicina Puglia. Un pergolato con pilastrini in tufo interseca perpendicolarmente la direttrice principale e ordina lo spazio verso la valle secondo un modulo geometrico ben definito, interrotto dal degradare del pendio lasciato a orto. Lo spazio del giardino è segnato dalla presenza di grandi alberature che coprono l’intera superficie, tanto da creare una penombra continua dove si adattano anche presenze esotiche. Un rigoglioso e affascinante miscuglio di essenze locali (lecci, pini marittimi) e di alberature esotiche (palme e cycas). Il proprietario era sempre ben informato sulle novità del settore: manteneva i contatti con i vivaisti di Pistoia e della Lombardia, soprattutto per quanto riguardava nuove “cultivar” di rose e piante esotiche. Quattro gigantesche palme ordinano il settore più appartato del giardino; da qui il suggerimento di introdurre le medesime piante anche nel centro urbano di Bernalda, della quale tra il 1939 e il 1943 Giuseppe Margherita fu prima Commissario, poi Podestà. Lungo lo stradone che si diparte dal centro medievale, fece mettere a dimora oltre cinquanta palme della varietà Phoenix canariensis, che ancora oggi caratterizzano la percezione dell’asse urbano di Bernalda.

Oggi l’antica dimora sta per rinascere a nuova vita come Resort 5 stelle, grazie ad un attento progetto di restauro bioecologico affidato dal regista al noto interior designer francese Jacques Grange. Non si hanno purtroppo immagini del restauro del Palazzo, di cui si conosce solo l’aspetto prima dell’intervento, ma sembra che il decoratore parigino si sia sbizzarrito nell’abbellire gli spazi di questo gioiello della cittadina jonica, utilizzando marmi di Carrara ovunque, dettagli architettonici sfarzosi, tappezzerie coloratissime, stucchi pregiati e dipinti restaurati.

Il complesso possiede otto stanze ed ognuna è stata dedicata ad un personaggio della famiglia Coppola. Il piano inferiore del Palazzo ospiterà un wine-bar dedicato alla pregiata e premiata produzione vinicola Coppola nella Napa Valley. Una piscina è stata ricavata in una zona esterna adiacente senza deturpare il vecchio giardino, sottoposto a vincolo monumentale, come tutto il Palazzo. Qui Sofia Coppola ha girato alcune scene del suo ultimo e premiato film “Somewhere”. Qui si sposerà il 27 agosto 2011, come dimostrano le pubblicazioni matrimoniali e come dimostra una recentissima delibera comunale, che permette di utilizzare le dimore storiche come “location” per celebrare matrimoni. Bernalda e l’Italia è in fermento, l’America è in fermento in attesa del fatidico giorno del “Sì” ed il New York Times parla già di Basilicata Buzz!
Fonte: “Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici” – Potenza. testo a cura di Luigi Bubbico e Raffaele Sassano.
Fonte: I Want To Be a Coppola
Fonte : Le voci di Corso Umberto, Bernalda

Finestrone centrale del faccita di Palazzo Margherita

Esiste anche una leggenda raccolta tra gli anziani che trascorrono i pomeriggi in Piazza Plebiscito, la villa di fronte Palazzo Margherita. E’una leggenda un po’ triste ma colma di amori e passioni. Il finestrone centrale del balcone che sta sul portone d’ingresso, sembra che in realtà sia una esatta riproduzione in muratura. Quindi chiuso( vedi le differenze con i finestroni ai lati).
Il motivo di questa muratura e successiva contraffazione di un finestrone nasce da un fatto di amore-suicidio che colpì la famiglia che qui abitava. La figlia del proprietario, ricco signore del luogo, si innamorò perdutamente del giovane stalliere di famiglia. Il loro amore era forte e intenso ma clandestino. Entrambi sapevano che la differenza sociale avrebbe impedito qualsiasi forma di unione. Lui povero stalliere non sarebbe mai stato accettato dal padre e dalla famiglia di lei. Il loro amore continuò così ad essere inconfessato al mondo e segreto a tutti. Ma i segreti, da queste parti, non sono mai tali e il padre venne a sapere della storia tra i due giovani. Incontrò il giovane e lo cacciò di casa e appena questo si allontanò dal paese gli sparò con un fucile. Il ragazzo, ferito gravemente, parve morto agli occhi del signorotto soddisfatto del suo operato tornò a casa raccontando i fatti.
La ragazza convinta della sua morte del suo amato si rinchiuse in se stessa annientata dal dolore. Una notte in preda alla disperazione e si lanciò dal balcone. Aveva deciso di morire e di raggiungere spiritualmente il suo amato.
In realtà il ragazzo non era morto, Ferito gravemente, venne trovato sanguinante da un pastore, tra i campi intorno il paese.IL pastore lo portò con sè e lo curò fino alla completa guarigione. Superata il rischio di morte il ragazzo si riprese più forte che mai, ma la notizia del suicidio delle sua amata lo sconvolse a tal punto che decise di abbandonare Bernalda e partire più lontano possibile.
Nel palazzo invece da quel momento accaddero cose strane e inquietanti. Ogni notte al finestrone centrale si sentivano dei colpi, come bussare. Era l’anima della ragazza che ogni notte cercava di entrare in casa. Era in cerca dell’anima del suo amato. Per evitare che lo spirito della ragazza entrasse nel palazzo, decisero di eliminare il finestrone vero e di ricostruirne uno finto in muratura. Tale espediente servì a evitare che lo spirito della fanciulla entrasse nel palazzo, dato che la porta era solo disegnata e quindi non vi era ingresso.
Dal quel momento in poi lo spirito della ragazza cessò di aggirarsi intorno al palazzo e continuò la ricerca del suo amato altrove.
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La spada, la vanga, la croce e il Vulture

Il paese della pietra che sa di ginestra

A giugno, la ginestra avvolge del suo profumo le strade, le case, gli anfratti. Le facciate soleggiate e le scalinate nell’ombra. Tutto è pietra. Il paese della Pietra è anche il paese in pietra.
Qui la pietra è di casa; qui la pietra ha una storia, possiede una voce. Il suo rapporto con la gente è un rapporto filiale.
Un uomo, che con la pietra ci lavora, mi dice: ” la pietra va rispettata. La sua spaccatura richiede una preparazione spirituale  ” e conclude questa frase con un risata smorzata, vergognandosi di questa affermazione e pentendosi di averla
pronunciata ad un estraneo, timoroso di essere scambiato per uno con qualche rotella fuori posto. Vedendomi serio e interessato alle sue parole, continua quasi sollevato. “Io so che faccio una ferita alla t(T)erra che mi dà la pietra con la quale lavoro e mi guadagno da vivere. A modo mio, mi preparo spiritualmente, chiedendo scusa per lo sfregio e, allo stesso tempo, ringraziando per il dono .”
Se il primo uomo  quell’`Adam, che in ebraico indica  “che viene dal suolo”,  è stato modellato dall’argilla a animato dal soffio di Dio“(Genesi 2.7), mi piace pensare che qui a Gorgoglione  la gente sia stata plasmata dalla sua pietra e che abbia il soffio vitale che sa di ginestra.

Basilicata, terra d’asilo e di confino

GLI EBREI IN FUGA DAL NAZISMO E GLI ANTIFASCISTI

Sembrerà inverosimile a molti, persuasi da una informazione parziale veicolata da romanzi e cinema, ma l’Italia mussoliniana era un rifugio per esuli ebrei che scappavano dalla Germania e dalla sua politica antisemita. Molti usavano l’Italia come luogo di passaggio per recarsi verso la Palestina; altri ancora erano diretti verso l’America Latina o il Nord America.Verso la fine del 1934 le prefetture italiane contavano circa 1100 “rifugiati di fede ebraica provenienti dalla Germania” (e di cittadini polacchi) e nel maggio del 1936 il numero degli “ebrei cittadini tedeschi” ammontava a incirca 1500. Con il “censimento degli ebrei stranieri” del settembre 1938 in vista della promulgazione delle leggi razziali italiane si schedarono più di 4100 ebrei rifugiati: 2800 tedeschi, 280 polacchi di Germania, 400 austriaci e
640 cittadini di stati ignoti. All’entrata in vigore dei provvedimenti per la difesa della razza in Italia si contavano in totale, secondo la Direzione Generale per la Demografia e la Razza, quasi 10.000 ebrei stranieri. Con l’entrata in guerra il governo fascista varò una serie di misure di sicurezza tra cui per l’internamento dei cittadini delle nazioni nemiche e dei sovversivi. Seguirono provvedimenti a difesa della razza, si procedette con gli arresti di uomini ebrei di età compresa tre il 18 e i 60 anni, di nazionalità tedesca, polacca e ceca oppure apolidi. Le donne e i bambini, invece,vennero concentrati in luoghi isolati sotto il controllo della polizia nel cosiddetto “internamento libero”. La Basilicata ebbe il privilegio di essere luogo di “accoglienza” di molti oppositori politici del regime, sovversivi a vario titolo, delinquenti definiti “mafiosi”, di allogeni ( soprattutto minoranze etniche, in questo caso soprattutto slave e balcaniche),di ebrei italiani e di ebrei stranieri. Il suo storico isolamento fece si che la regione e molti paesi interni, poco e male serviti da ferrovie o mezzi di trasporto pubblici e difficilmente collegabili con il mondo esterno, diventassero meta ideale per la creazione di campi di confino, campi di lavoro e luoghi di detenzione particolari. Accettura, Garaguso, Grassano, Grottole, Craco, Pisticci, Montescaglioso, Pisticci, Nova siri erano i luoghi in cui finirono i “mafiosi”. Altri centri si aggiunsero: Aliano, Colobraro Montalbano Ionico, Pomarico, Rotondella, San Giorgio Lucano, Tursi. Si presume che in queste località giunsero oltre 2.500 confinati politici e quasi 200 tra confinati comuni e “mafiosi”. Alcune le storie di uomini e luoghi conosciute, raccontate e studiate. Il personaggio Carlo Levi ha ampiamente descritto e dipinto il suo periodo di confino in Basilicata. Speciale colonia di confino, definita “colonia di lavoro”era il luogo dove oggi sorge la cittadina di Marconia, che accolse centinaia di confinati provenienti da isole di deportazione come Pantelleria, Ustica, Lampedusa, Ponza. Ma alcune località furono anche luogo di internamento per ebrei stranieri di varie nazionalità, tra cui austriaci, polacchi, greci, jugoslavi, cecoslovacchi, ungheresi, russi, vennero internati nei comuni di Ferrandina, Matera, Pisticci, San Giorgio Lucano. Ultimamente nuove ricerche indicano nuove tracce e informazioni. Dagli archivi appaiono nomi e cognomi dal suono lontano e indeterminato, Bluhweiss, Bojm, Eisler, Frischer, Ickovic, Kafka, Salomon, Steiner, Wittenberg solo per citarne alcuni. Nomi e storie che la grande storia e la letteratura hanno messo in ombra. Forse, un giorno, quando si parlerà di confino in Basilicata non si parlerà solo di Carlo Levi.

Giuseppe Melillo
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